STORIA
DI UN’AMICIZIA
Mafai, Raphaël, Emilio e Maria Jesi
Il racconto della vita di quattro persone e di un grande legame. Mario Mafai, Antonietta Raphaël, Emilio e Maria Jesi nel panorama della guerra e delle persecuzioni, le Fantasie e il loro arrivo a Brera.
Nel 1929, Mario Mafai, l’amico Gino Bonichi, detto Scipione, e la moglie Antonietta Raphaël – una giovane artista ebrea di origini russe, figlia di un rabbino – fanno parte del gruppo detto Scuola Romana, definizione coniata dallo storico dell’arte Roberto Longhi che ha notato il talento dei tre giovani artisti.
Napoletano di nascita, Emilio Jesi (1902-1974) è uno dei più grandi collezionisti italiani del ‘900. Condivide la sua passione con la moglie Maria Arrighi.
Mafai e Raphaël sono legati ai collezionisti Emilio e Maria Jesi da una profonda e duratura amicizia. Il loro rapporto nasce dal precoce e lungimirante interesse nutrito dai mecenati nei confronti delle opere dei due artisti, che diventano poi parte fondamentale della loro ben nota raccolta.
Già nel 1934 Antonietta Raphaël evidenzia l’importanza del sostegno finanziario derivato dalle vendite:
[…] La somma che lei ha dato a Mario per le mie sculture mi è sufficiente per le spese di una forma in gesso di Niobe e del mio ritratto che considero due lavori importanti - importanti per me si capisce - e ciò mi rende felice. Ora lei vede caro Signor Jesi ciò che il suo acquisto delle mie sculture significava per me?
IL PERIODO DI GENOVA: LE FANTASIE
Alla fine degli anni ‘30 il governo fascista emana le leggi razziali. Ad Antonietta Raphaël viene proibito di esporre. Le sue tre figlie, che non sono battezzate, devono invece lasciare la scuola pubblica. Così, nel 1939, con l’aiuto dei collezionisti Alberto Della Ragione e Emilio e Maria Jesi, Mario Mafai, Antonietta Raphaël e le figlie si trasferiscono a Genova.
Mafai nel suo studio di Genova, in un vecchio palazzo dietro il porto, in via di San Lorenzo, si dedica con passione al gruppo delle Fantasie, una ventina di tavolette sul tema della guerra.
Suggestionato probabilmente dal clima di violenza in cui sta sprofondando l’Europa, sceglie immagini movimentate e dai forti colori espressionisti, in cui prevale la fisicità carnale dei corpi nudi violentemente tormentati, un repertorio vivace e grottesco, che comincia a maturare prima del trasferimento in Liguria. Come prova una lettera del 1939 in cui invia all’amico collezionista uno schizzo, che sembra essere preparatorio alle successive fantasie pittoriche:
[…] Alla Quadriennale espongo un solo quadro molto ariano di circa dieci anni fa ma che posso garantire può competere anzi superare con onore qualsiasi concorrenza con la pittura cosiddetta parigina, internazionale ebraizzante. Noi siamo sul piano della millenaria tradizione. Sto facendo una composizione ed ecco un accenno
Giulia Mafai, una delle figlie di Mario e Antonietta, a proposito delle Fantasie, racconta:
Io ero una bambina. La prima “Fantasia” che dipinse mio padre, nel 1939 aveva come titolo “Corteo”, raffigurava proprio un corteo con le candele, uomini con le tube in testa, un po' una presa in giro del gioco diplomatico dell’Inghilterra e degli altri che cercavano di fermare Hitler e i nazisti con la diplomazia, cosa che poi, come la storia ci ha insegnato, non ha concluso niente. Questo primo “Corteo” è stato esposto alla Biennale di Venezia nel 1939.
Scoppia la guerra e le “Fantasie” non erano più, diciamo, su un piano ironico, satirico, grottesco, ma erano diventate lacrime e sangue; una serie di 20-25 quadri che, oltretutto, mio padre non ha mai voluto condividere e che - le dirò - a quell'epoca era anche molto pericoloso tenere - erano contro la guerra in un momento in cui c'era il suo misticismo.
Per questo motivo le abbiamo sempre tenute nascoste e quando siamo stati obbligati a cambiare casa da clandestini, queste "Fantasie", come poi sono state chiamate, ci hanno sempre seguito. Il compito di noi tre sorelle, io avevo dieci anni e le mie sorelle 12 e 14, era di legare queste tavolette di legno e portarle da una casa all'altra.
Desidero sottolineare un aspetto in particolare. Le Fantasie contro la guerra sono state realizzate nel momento peggiore: noi stavamo a Genova, c’erano i bombardamenti tutti i giorni. Alla fine del conflitto mio padre, diversamente da molti altri artisti dell’epoca, non ha dipinto più niente contro la guerra.
È curioso, non trova? In quel periodo così difficile, quando subivamo le leggi razziali - perché mia madre era ebrea - ci ha aiutate Emilio Jesi e l'altro collezionista Alberto Della Ragione. Non è stato solo un amico ma anche un sostenitore: comprando i quadri di Mafai ci ha permesso di sopravvivere in anni difficilissimi.
EMILIO E MARIA JESI
Nel luglio del 1943 crolla il fascismo e a fine estate la famiglia Mafai e i coniugi Jesi lasciano Genova e rientrano a Roma. Qui rimangono nascosti per tutti i mesi dell’occupazione a casa della sorella Renata Jesi e del marito Giovanni Bollea.
Il primogenito Ernesto Bollea, nipote di Emilio e Maria Jesi, in quel periodo aveva solo 4 anni e racconta:
Zio venne a Roma e avevamo tutti dei falsi nomi. Noi ci chiamavamo Pezzi. Il suo cognome non lo ricordo, ma io lo chiamavo Sor Ambrogio. Abitava nella nostra casa e al terzo piano stavano i suoi amici Mafai con tutta la famiglia. Ai tempi lo zio aveva una quarantina d’anni, era amico di tutti gli artisti dell’epoca e partecipò, non so quanto direttamente, alla Resistenza, in contatto con i GAP (Gruppi di Azione Patriottica).
Lo zio Emilio Jesi in quel periodo aveva in affidamento Giorgio Labò, figlio di suoi amici di origine ebrea. Anche Giorgio era nella Resistenza e insieme a Gianfranco Mattei gestivano una santabarbara clandestina a Roma. Nel 1944 fu tradito, le SS lo presero e lo torturarono per 18 giorni, ma non rivelò mai nulla.
Venne fucilato dalla Polizia dell’Africa italiana. Questo episodio fu un grande dolore per lo zio ed è anche per questo che continuò ad aiutare la famiglia Labò in ogni modo, anche acquistando da loro il bellissimo “Bevitore” di Arturo Martini.
LE FANTASIE A ROMA E A MILANO
Mario Mafai, che non si vuole assolutamente separare dalle Fantasie, si convince a venderle a Giovanni Pirelli con la clausola che alla sua morte le opere andassero alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, cosa che Marinella Pirelli fa avvenire immediatamente.
Le Fantasie, mai esposte in dieci anni, decaduta la donazione, vengono riportate dalla signora Pirelli a Varese e acquistate poi da Aldo Bassetti. Giungono così, grazie al prezioso dono di quest’ultimo, alla Pinacoteca di Brera.
Giulia, la figlia di Mario Mafai, esprime questo desiderio:
La mia proposta è di esporre le “Fantasie” a Roma, prima della loro definitiva preziosa destinazione a Brera. Un ultimo romantico saluto alla sua città, che lo aveva ignominiosamente tradito. Un destino non raro per gli artisti.
Non solo un omaggio a Mafai, ma molto di più la conferma di certi valori morali che oggi bisogna riaffermare, più importanti che mai.
Un ringraziamento speciale a Aldo Bassetti, Enrico Bollea, Maria Rosa Bollea, Marina Gargiulo, Giulia Mafai