LUISA SORMANI
ANDREANI VERRI
Ricordo di Alessandro Morandotti
Ho conosciuto Luisa Sormani Andreani Verri all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso. Ricordo l’accoglienza generosa nella sua bella casa di Lurago d’Erba, dove ero stato invitato per studiare alcune opere d’arte provenienti dalla famiglia Verri. Conservo ancora una cartolina di Donna Luisa alla quale avevo recapitato il risultato delle mie ricerche.
Era solita definirmi come “un simpaticissimo maglio”. Un’immagine che amo molto. L’avevo inseguita a lungo, costringendola ad aprire la casa anche nelle giornate invernali, per portare a termine il mio lavoro.
Quella metafora, che mi inquadrava, era un ossimoro di fondo, visto che è davvero difficile che un grande martello meccanico sia simpatico. Rimandava piuttosto alla Milano industriale degli anni in cui Luisa Sormani era cresciuta.
La sua ironia, tagliente, discendeva dalla sensibilità pungente del gruppo dei Pugni capitanato da Pietro Verri, il suo avo, di cui, potendo, avrebbe tenuto sempre in evidenza la fotografia sul comodino. Gran donna, sempre disponibile con le istituzioni e con gli studiosi, così come hanno dimostrato di esserlo ora figli e nipoti con il loro dono a Brera.