Il terrore viene dal cielo
— Ricordi dei bombardamenti aerei, 1937-1945 —
Guernica
26 aprile 1937
Durante la Guerra civile spagnola (1936- 1939) le nuove tattiche belliche, tra cui i bombardamenti aerei, colpirono la popolazione civile come mai prima. Ben 200.000 bambini fuggirono dalle zone di guerra dopo gli attacchi.
In risposta alla crisi, la Spagna repubblicana fondò scuole residenziali note come “Colonie per l’infanzia”.
Uno dei progetti per l’infanzia invitava i bambini a disegnare le loro esperienze di guerra. Negli anni trenta gli assistenti sociali vedevano nell’arte uno strumento importante per aiutare i più piccoli ad affrontare il trauma della guerra e della separazione dalle famiglie. Questo progetto è considerato il primo uso sistematico dell’arte come terapia infantile in tempo di guerra.
Milano
7-16 agosto 1943
Il 25 luglio Mussolini era stato arrestato dopo la storica seduta del Gran Consiglio del fascismo e tradotto sul Gran Sasso. Per accelerare la resa dell’Italia, venne allora programmato un ciclo di bombardamenti ferocissimi su Milano, che, secondo le intenzioni, doveva distruggere la città entro un mese.
— MILANO, 1° ATTACCO —
Notte tra il 7 e l’8 agosto
L’allarme scatta alle ore 0.52 dell’8 agosto, quando aerei nemici erano stati segnalati in passaggio sulla frontiera svizzera. Le bombe iniziarono a cadere alle 1.10.
I Lancaster della RAF sganciarono soprattutto bombe incendiarie: presto enormi cerchi di fuoco si propagarono a Porta Venezia, porta Garibaldi, in corso Sempione, Magenta e Ticinese. Il teatro Filodrammatici andò distrutto, così come gran parte del Corriere della Sera. Risultò inservibile l’ospedale Fatebenefratelli. Pesanti danni anche al museo di Storia naturale, al Castello, alla Villa Reale, al palazzo Sormani.
In totale, si ebbero 600 edifici distrutti, sotto le cui macerie persero la vita 161 persone, più 281 feriti.
Dalle relazioni trasmesse dal Comandante UNPA Angelo Barisone al Prefetto, sappiamo che la bomba del primo attacco colpisce direttamente il Palazzo di Brera centrando in pieno l’angolo verso la piazzetta Hayez, provocando i danni strutturali più consistenti.
Nell’anno 1943 avevo 12 anni, studiavo a Lodi presso il Collegio dei Barnabiti. Ricordo i bombardamenti che avvenivano a Milano. Dal terrazzo di un’alta costruzione vedevo grandi, impressionanti semicerchi, infuocati. Il 7 agosto ero sfollato in una cascina del cremonese e lì giungeva attutita l’eco della guerra: per un ragazzo come me in un certo senso era un vantaggio essere al riparo dal terribile scenario che incendiava Milano. Ero al corrente di quel che accadeva in città – la memoria di quei giorni terribili si sarebbe arricchita nel tempo con le immagini dell’epoca. […]
Enrico Della Torre, pittore (nato 1931)
— MILANO, 2° ATTACCO —
Notte tra il 12 e il 13 agosto
L’allarme fu dato alle 0.35, con cielo senza nubi.
Il bombardamento durò circa un’ora.
Per questa missione il Bomber Command inglese mobilitò tutti gli apparecchi disponibili per creare su Milano il cosiddetto “vortice di fuoco” per annientarla totalmente: 504 aerei, 2.000 tonnellate di bombe, 380.000 spezzoni incendiari.
Il centro cittadino fu la zona più colpita, senza risparmiare però il quartiere Ticinese, Garibaldi, Sempione. Gli incendi divamparono ovunque, con effetti distruttivi su palazzo Marino, la Questura, il Commissariato, Duomo, il Castello, la chiesa di San Fedele, Santa Maria delle Grazie (ma non il Cenacolo “ingessato” nei sacchi di sabbia); il Duomo riportò gravi danni, così come la Galleria (volta distrutta e facciate delle costruzioni “raschiate”).
Credo che sia stato un ricordo incancellabile dalla mia mente di bambina di 4 anni! Quello che non mi abbandona è proprio questo rumore pazzesco dei bombardamenti, rumori pazzeschi. Stando la casa qui e la stazione centrale là, i bombardamenti sulla stazione erano fortissimi. Gli aeroplani li sentivi arrivare, però i bombardamenti erano molto molto molto forti. Si sentiva. Si sentiva anche la casa che vibrava da giù, dalla cantina. Andava via la luce, quindi tutti al buio con le candele in mano. Ancora oggi non riesco ad andare in cantina da sola (era il rifugio); abitavamo in via Copernico angolo via Tonale e i botti tremendi del bombardamento, soprattutto sulla Stazione Centrale, sono un ricordo indelebile! […]
Adriana (Mimma) Rantzer, 80 anni, intervistata 18 luglio 2019
— PALAZZO DI BRERA —
Questa seconda incursione provoca prevalentemente il crollo delle coperture di Brera per via del divampare delle fiamme dovute alle bombe incendiarie.
Nascosto nelle Marche, licenziato secondo le legge razziali una settimana prima della sua pensione nel novembre 1938, Ettore Modigliani, cui era stato interdetto di scrivere pubblicamente come ebreo, scrisse comunque su “Il Giornale” del 12 agosto, 1943, dopo i primi bombardamenti. Anglofilo, con una moglie inglese, lui non poteva nascondere la sua delusione e la sua rabbia contro gli attacchi verso i siti culturali di Milano:
[…] E sta bene. Voi bombardate e incendiate spietatamente le nostre città più illustri, storiche e monumentali, anche perché, noi, non siamo in grado di rispondervi, ammesso che volessimo farlo. È - si dice - la legge della guerra, e fino a un certo punto può essere vero se prendono per buoni i motivi dei cosiddetti obbiettivi militari.
[…] Chi non sa quale rancore covi ancora a Venezia, dopo 28 anni, per le scempio austriaco del prodigio Tiepolesco del soffitto degli Scalzi, scempio che è ancora oggi additato come un abominevole atto di barbarie? E gli Scalzi erano a due passi della stazione ferroviaria; ma la Filarmonica, ma S. Chiara, ma la Scala, colpita dagli spezzoni incendiari, ma Brera, ma S. Ambrogio, il Palazzo Reale Normanno e S. Simpliciano e cento palazzi fra i più meravigliosi d’Italia? No: questo no, mille volte no.
[…] i vostri avieri – su comando ricevuto - non si preoccupano più degli obbiettivi militari, ma mirano a colpire (la “guerra dei nervi”!) i quartieri centralissimi delle nostre città, ben sapendo come sia inevitabile che, in tali condizioni, bombe e spezzoni feriscano o distruggano monumenti storico-artistici fra i più nobili del mondo. Voi vi rendete conto di ciò? Fate correre sull’ala del tempo un pensiero verso l’avvenire e domandatevi: che cosa succederà in un avvenire prossimo o lontano? Non vi importa nulla davvero delle conseguenze? Nulla che il vostro nome possa essere esecrato in eterno non già da noi soli, ma dai vostri stessi discendenti… […]
A differenza delle bombe, le sue parole cadevano nel vuoto.
— MILANO, 3° ATTACCO —
Notte tra il 14 e il 15 agosto
Questa volta 140 Lancaster scesero su Milano alle 0.32.
In un’ora, sganciarono facilmente le loro bombe, guidati dagli incendi del precedente attacco che ancora ardevano non domati. Furono nuovamente centrati il Castello, il Palazzo Reale, il teatro dal Verme e il teatro Verdi. Numerose industrie colpite pesantemente.
Tutti gli orologi pubblici di Milano sono fermi, in questa città così ricca di orologi pubblici. Alcuni alle 1.14, altri alle 1.17, altri alle 1.20. Ognuno di questi immobili simboli orari segna uno dei momenti nei quali la Morte è piombata dal cielo e ha colpito.
Alberto Savinio, "Ascolta il tuo cuore città", Bompiani, 1944
— MILANO, 4° ATTACCO —
Notte tra il 15 e il 16 agosto
Il quarto attacco del ciclo programmato fece suonare l’allarme alle 0.31.
Non tutti i 199 Lancaster decollati dall’Inghilterra questa volta raggiunsero Milano, in una notte per loro poco fortunata. Maggior sfortuna toccò comunque alla città: interi quartieri vennero bombardati.
Segnaliamo solo: Archivio di Stato (enormi perdite cartacee), il Duomo, la Scala, che ebbe il tetto sfondato (e che sarà ricoperto con tettoie provvisorie fino all’inizio del lavori di restauro), la Rinascente (totalmente distrutta, poi demolita perché non recuperabile).
I quotidiani uscirono la sera seguente, in edizioni limitate, anche a causa della mancanza di carta per le rotative.
Quando eravamo a Milano, ricordo il rumore degli aerei di notte (che anche oggi mi svegliano) e le corse nel rifugio con il mio fratellino per mano; ricordo il freddo, il silenzio che regnava nel rifugio mentre sopra le nostre teste si sentiva il frastuono più grande del mondo. Ricordo la sensazione, al rientro a casa, di esserci tutti e di essere ancora vivi, mentre mia madre pensava a mio fratello più grande che era in guerra. Quando siamo sfollati a Vimercate, nel '43, ricordo che mi svegliavo per il rombo degli aerei e vedevo il cielo di Milano solcato dagli aerei, le bombe che cadevano e lingue rosse di fuoco. Ancora oggi non sopporto i fuochi d'artificio, per questo motivo.
Carluccia Montalbetti, 82 anni, intervistata il 18 luglio, 2019
Come a Milano, anche nelle altre città,
parlano sempre più forte le voci dei bambini.
Napoli
Un brutto bombardamento stanotte.
Come sempre, molte vittime fra i civili nella zona densamente popolata del porto. Stamattina mi ci hanno mandato a verificare le notizie pervenute di scene di panico e di folle terrorizzate che correvano per le strade gridando: “Vogliamo la pace!” e “Via tutti i soldati!”.
A Santa Lucia […] ho visto una scena straziante. Lungo la strada erano stati distesi uno accanto all’altro alcuni bambini estratti dalle macerie di un edificio bombardato. A quelli non sfigurati avevano scoperto il volto, ed alcuni erano state deposte fra le braccia delle bambole nuove di zecca che li avrebbero accompagnati nell’altro mondo.
[…] Un uomo si era arrampicato sulle macerie; parlava dentro a un buco, nel punto in cui credeva che il suo bambino fosse rimasto intrappolato sotto centinaia di tonnellate di detriti, e lo implorava di non morire prima che lo liberassero. “Resisti, figlio mio. Ancora un poco. Tra un minuto ti tiriamo fuori. Non morire, ti prego”. I tedeschi, con questi bombardamenti indiscriminati, uccidono solo i poveracci – come abbiamo fatto anche noi, del resto.
LEWIS, Norman, "Napoli ’44", Milano, Adelphi, 1993, pp. 119-120.
Dresda
13-15 febbraio 1945
In quattro incursioni, negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale, 722 bombardieri pesanti della British Royal Air Force e 527 delle United States Army Air Forces sganciarono più di 3900 tonnellate di bombe altamente esplosive e ordigni incendiari sulla città tedesca di Dresda, importante centro culturale ribattezzato “la Firenze sull’Elba”.
Il bombardamento e il conseguente incendio distrussero oltre 6,5 chilometri quadrati del centro cittadino.
Morirono tra le 22.700 e le 25.000 persone.
Dopo qualche minuto sentimmo un rumore orribile: i bombardieri. C’erano esplosioni continue. Lo scantinato si riempì di fumo e fuoco e fu danneggiato; saltò la luce, i feriti lanciavano grida atroci. Spaventati a morte, ci precipitammo fuori dallo scantinato.
[…] La nostra strada era irriconoscibile. Ovunque fuoco, nient’altro che fuoco.
[…] Non si può descrivere! Un’esplosione dopo l’altra. Era una scena incredibile, il peggiore degli incubi. Tutte quelle persone orrendamente bruciate e ferite.
[…] Vedemmo la strada in fiamme, gli edifici devastati e quell’incendio terribile. Mia madre ci mise addosso coperte e cappotti bagnati presi da una tinozza d’acqua. Vedemmo cose orribili: adulti rattrappiti dalle fiamme, pezzi di gambe e braccia, cadaveri, intere famiglie carbonizzate, torce umane che correvano qua e là, autobus di rifugiati civili bruciati, soccorritori e soldati morti, gente che chiamava e cercava figli e parenti, e ovunque fuoco, solo fuoco, e per tutto il tempo il vento caldo dell’incendio respingeva la gente nelle case in fiamme da cui cercava di fuggire. Non posso dimenticare questi dettagli atroci. In tutta quella tragedia mi ero completamente scordato del mio decimo compleanno. Ma il giorno dopo mia madre mi fece una sorpresa, un pezzo di salsiccia elemosinato dalla Croce Rossa. Fu il mio regalo di compleanno.
Lothar Metzger, 10 anni durante il bombardamento, da “Timewitnesses”, moderato da Tom Halloway, The Fire-bombing of Dresden: An eye-witness account, registrato nel maggio 1999 a Berlino
Nagazaki
9 agosto 1945
Quest’arma dovrà essere usata contro il Giappone entro il 10 agosto. Ho detto al Min. della guerra Stimson di fare in modo che l’obiettivo siano strutture militari, soldati e marinai, non donne e bambini. […] Sarà un obiettivo puramente militare
Harry S. Truman, Presidente degli USA, 25 luglio 1945
Quando la bomba atomica esplose alle 11.02 del 9 agosto 1945, dieci metri sopra un campo da tennis nel quartiere di Urakami, a Nagasaki, generò un calore approssimativo di 3.900 gradi e una velocità stimata di oltre 1.000 chilometri all’ora.
Dei 1.300 studenti della scuola elementare Yamazato, a 700 metri dall’ipocentro, solo 200 bambini e un insegnante sopravvissero.
Nel 1949 il dottor Takashi Nagai raccolse le testimonianze dei sopravvissuti e le pubblicò in Living Beneath the Atomic Cloud. Spartì i proventi della vendita del libro tra i bambini, in base al numero di pagine che avevano scritto. Nel 1977, all’apice della Guerra fredda, il libro fu ripubblicato dal Nagasaki Appeal Committee per sensibilizzare il mondo sulle conseguenze delle armi nucleari.
Era una giornata serena, non c’era una nuvola.
[…] Mia madre era andata nel campo a raccogliere melanzane. Uscendo aveva detto: “Alle undici accendete il fuoco nella stufa”. Ma ci stavamo divertendo un sacco, e quando arrivarono le 11.00 nessuno si alzò. Eravamo tutti presi dal gioco. Per caso guardai dalla finestra. In quel momento ci fu una fiammata simile a un lampo. “Oh…” Barcollai. Poi, non so come, mi trovai bloccata sotto la casa. Non riuscivo a muovermi.
[…] Dopo un po’ mia sorella maggiore tornò di corsa insieme a quattro o cinque marinai. Mi salvai grazie a loro. In lontananza vidi qualcuno precipitarsi verso di noi. Aveva i capelli scompigliati. Era una donna. Sembrava nuda. Un corpo violaceo. Ci chiamava a squarciagola. Oh! Era mia madre. Era quasi completamente nuda. Il cappotto e i pantaloni erano bruciati e sbrindellati. I capelli erano diventati di un marrone rossiccio, ed erano crespi e spezzati come se si fosse fatta una permanente troppo forte. Aveva ustioni su tutto il corpo. La pelle era rossa e unta. La pelle sulla spalla destra non c’era più, lasciando scoperta la carne viva e il sangue rosso che sgorgava senza sosta. Mia madre cadde a terra esausta.
[…] Cominciò a sentire il dolore. Dopo essersi lamentata e dimenata fra atroci sofferenze, quella notte morì.
Michiko Ogino, 10 anni nel 1945, testimonianza del 1949
Stavo giocando a fare la grande in fondo al bagno. In quel momento mi balenò davanti agli occhi un lampo bianco e blu. Mi spaventai e scappai via. Creak! Creak! Creak! Crash! La mia casa venne giù! Crollarono anche altre case in tutto il quartiere. Intorno alle case distrutte c’erano molti vicini a terra, feriti. Alcuni erano pieni di sangue, ad altri si era staccata la pelle. C’era chi non si muoveva per niente e chi si dimenava, agitando gambe e braccia, e poi all’improvviso si fermava. Cominciò a piovere. Una pioggia scrosciante si abbatté sugli uomini e le donne del quartiere, sulle ragazze più grandi e le amiche sparpagliate a terra qua e là.
Yoko Iwanaga, 7 anni nel 1945, testimonianza del 1949
Il giorno in cui sganciarono la bomba atomica, mio padre lasciò la fabbrica e venne nel rifugio antiaereo. Aveva tutta la schiena bruciata, la pelle si era staccata ed era diventata rossa. Ero felice di vedere mio padre, ma anche triste quando vidi cosa gli era successo. Mia madre gli fece mangiare qualche polpetta di riso. Ma non poté dargliene troppe, perché ne avevamo poche. Se avessi saputo che mio padre stava per morire gli avrei lasciato mangiare anche le mie. Ora mi pento di non averlo fatto.
Arata Noguchi, 6 anni nel 1945, testimonianza del 1949
Quattro città, ma ce ne sono state tante.
Tanti nonni, tanti genitori, tanti bambini hanno sofferto quando il terrore veniva dal cielo.
È vero, oggi Dresda è stata ricostruita, anche Hiroshima e Nagazaki.
Milano è in pieno fermento creativo post-Expo, un fermento che ricorda la ricostruzione post-bellica.
Ma la guerra non è scomparsa e conflitti armati affliggono paesi da Somalia al Sudan, dal Iraq all’Ukraina – è una realtà quotidiana per centinaia di migliaia di bambini in tutto il mondo.
Loro arrivano ogni giorno, fuggendo la guerra, cercando la pace, chiedendo rifugio e dovrebbero essere accolti.
Questo libro è stato pubblicato per rendere note al mondo le grida di questi bambini. Urlano: “Niente più guerre!” È la loro sola e unica speranza. […] Mai più guerre! Ecco l’invocazione dei bambini
Dr. Takashi Nagai, Da Living Beneath the Atomic Cloud: The Testimony of the Children of Nagazaki, Nagazaki Appeal Committee, 1949
Ricordatevi dei bambini e ascoltate le loro voci.