I DUE SPOSALIZI
DELLA VERGINE
Un raffronto unico nella storia dell’arte
Nel 2016 si è tenuto alla Pinacoteca di Brera l’incontro straordinario tra due capisaldi della storia dell’arte: lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, una delle opere simbolo del museo e lo Sposalizio della Vergine di Perugino, proveniente dal Musée des Beaux-Arts di Caen, per la prima volta eccezionalmente posizionati fianco a fianco nello spazio.
Presentando lo stesso soggetto ed essendo accomunati da molteplici legami, il confronto tra la pala di Perugino e il quadro di Raffaello appare in tutti i libri di storia dell’arte, ma mai realizzato dal vivo.
Un’occasione irripetibile che evidenzia il dialogo tra il maestro – il Perugino – e l’allievo – Raffaello.
James M. Bradburne presenta il primo dialogo: Raffaello e Perugino attorno a due Sposalizi della Vergine.
I due Sposalizi
Quando Pietro Vannucci, detto il Perugino, dipinge la sua versione dello Sposalizio della Vergine è a capo della bottega più prestigiosa d’Italia.
La sua notorietà deriva dal ruolo primario che aveva rivestito, circa vent’anni prima, nell’affrescare il registro mediano della cappella Sistina, con il suo stile peculiare, pacato e dolcemente monumentale.
La fama del maestro richiama quindi in bottega numerosi artisti tra cui, come riferisce Vasari, il giovane Raffaello Sanzio, figlio del pittore Giovanni Santi.
Non stupisce dunque che quest’ultimo, giovanissimo genio, già pittore affermato, prenda a modello proprio l’opera di Perugino nel realizzare il capolavoro che, a buon diritto, conclude straordinariamente la sua fase formativa. Successivamente, Raffaello si trasferisce a Firenze.
La pala del Perugino, commissionata dalla confraternita di San Giuseppe per la cappella del Santo Anello del Duomo di San Lorenzo a Perugia, viene eseguita tra il 1499 e il 1504 ed esposta accanto alla reliquia del Santo Anello della Vergine.
Quella di Raffaello, invece, viene realizzata nel 1504 per la cappella di San Giuseppe della chiesa di San Francesco a Città di Castello, località che dista circa sessanta chilometri dal capoluogo.
Lo schema compositivo del Perugino riprende il celebre affresco sistino della Consegna delle chiavi, riadattato alla costretta verticalità della pala. Tornano nel dipinto l’ambientazione della scena su una piazza, l’imponente edificio a pianta circolare e la prospettiva centrale, mentre i personaggi raggruppati in primo piano appaiono in disposizione serrata, uno accanto all’altro.
Raffaello, pur ripetendo il medesimo schema, distribuisce più liberamente e con maggiore naturalezza i personaggi creando un raccordo visivo organico con l’edificio rialzato del tempio, che diventa il perno di un immenso spazio circolare composto armonicamente.
Il racconto delle opere in dialogo a Brera
Questo primo dialogo di Brera consente di ragionare sui rapporti tra maestro e allievo in un momento cruciale per Raffaello, pronto a spiccare il volo verso la Firenze medicea.
Inoltre, attraverso le opere esposte, è possibile raccontare una vicenda più complessa, poco nota ma efficacissima nel mettere a fuoco una trama tipicamente italiana, che mescola arte, storia e scontri municipali. Infatti la straordinaria fama del dipinto di Perugino deriva, fin da subito, dal fatto di essere destinato all’altare della cappella dell’Anello nella cattedrale di Perugia.
Il Santo Anello
La reliquia è un cerchietto di calcedonio che, secondo la tradizione, la Vergine avrebbe consegnato all’apostolo Giovanni prima di morire e che, nel Medioevo, giunge a Chiusi, dove viene inizialmente conservata nella chiesa di Santa Mustiola poi nella chiesa di San Francesco.
Nel 1473 viene trafugata da uno degli stessi frati del convento, che la consegna a Perugia, dando inizio a una lotta senza quartiere tra le due città.
É solo l’intervento di papa Sisto IV a porre fine a ritorsioni e embarghi, consegnando l’anello definitivamente a Perugia.
Per alcuni anni la reliquia è conservata nella Cattedrale all’interno della Cappella dei Decemviri del Palazzo dei Priori fino a che, nel 1488, viene affidata ai canonici della Compagnia di San Giuseppe e riposta, nello stesso Duomo, nella Cappella di San Giuseppe dedicata al Santo Anello, dove si trova ancora oggi. Per l’altare di questa cappella si fa realizzare la tavola del Perugino.
Come in altri casi – il Sacro Cingolo di Prato o il Santo Sangue a Mantova -, oltre al suo valore religioso e devozionale di reliquia, l’Anello diventa anche un simbolo con il quale tutta la città si identifica, rafforzato dal dipinto di Perugino che orna l’altare dello sposalizio per eccellenza, modello ineludibile con il quale confrontarsi.