Hotel Meina

HOTEL MEINA

La storia di un evento, una necessità, un museo e tre vite. La strage dell’Hotel Meina, un ricordo amaro legato a tre figure chiave per la storia di Brera e la necessità di non dimenticare.

Il 22-24 settembre 1943 a Meina, piccolo paese sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, avviene il primo massacro intenzionale di ebrei italiani, espressione funesta della “soluzione finale” di Hitler. Un evento doloroso, profondamente legato a tre figure chiave per la storia di Brera e della sua Pinacoteca: Fernanda Wittgens, Gianni Mattioli e Aldo Bassetti.

Nasce così la necessità morale di ricordare il passato affinché non si ripeta e, soprattutto, di evidenziare come le persone, indipendentemente dalla loro estrazione sociale, sappiano sempre trovare un modo per resistere alle ondate di razzismo, intolleranza e paura dell’altro. La Pinacoteca di Brera nel suo essere e restare contemporanea, è chiamata a riportare costantemente il passato nel presente con la consapevolezza che, solo così facendo, può contribuire a creare il futuro.

Hotel Meina, cartolina
Hotel Meina, cartolina da Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola
Fernanda Wittgens

Fernanda Wittgens (1903-1957) è la prima direttrice donna della Pinacoteca di Brera. All’inizio degli anni ‘40 prende il posto del suo maestro, Ettore Modigliani, licenziato, perché ebreo, a causa delle leggi razziali del 1938.

Sin dai primi anni del regime, Fernanda mostra una lucida consapevolezza rispetto alla gravità del momento storico in cui vive e assume posizioni politiche di chiara opposizione al fascismo. Si occupa personalmente non solo di trasportare le opere di Brera nei ricoveri per salvarle dalla razzia tedesca, ma soprattutto di aiutare familiari, amici, perseguitati, ebrei, a espatriare.

Brera in guerra, il cortile
Brera in guerra, il cortile. Le opere imballate prima della partenza verso un ricovero sicuro, 1942-1943, Roma, Archivio Storico Istituto Luce
Gianni Mattioli

In quest’opera coraggiosa di assistenza e di salvezza, le è vicino attivamente il cugino e coetaneo Gianni Mattioli (1903-1977). Mattioli condivide con lei alcune tappe significative del suo percorso formativo di intellettuale e collezionista, in un rapporto che la figlia, Laura Mattioli, definisce “intenso e speciale”.

Laura, nel 2018, in occasione della presentazione del volume Sono Fernanda Wittgens. Una vita per Brera di Giovanna Ginex racconta:

Il 1943 fu un anno terribile per mio padre. Nel giro di un mese perse entrambi i genitori e, costretto dai bombardamenti a lasciare Milano, andò a Meina, un paesino sul Lago Maggiore, nella grande casa del suocero. Lì, dal 15 agosto 1943 in poi, le SS si misero a rastrellare tutta la costa piemontese del Lago Maggiore, rinchiudendo gli ebrei nell’Hotel Meina e nel settembre 1943.

Una delle prime stragi a freddo avvenute in Italia. I corpi delle vittime, gettate nel lago legate a dei sassi, affiorarono di fronte alla casa in cui abitava mio padre. Le SS li bruciarono con un lanciafiamme. Un’esperienza che lo segnò profondamente. [….] Il giorno dopo la strage, il 24 settembre, mio padre spedì un bigliettino a Fernanda. Sapeva essere coinvolta in una società segreta umanitaria. Iniziò a collaborare con lei.
Meina, cartolina
Meina, cartolina da Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

Mattioli, dalla sua casa di Meina e con la sua automobile a carbonella, aiuta gli ebrei a scappare in Svizzera. Tra questi anche Lamberto Vitali, che porta con sé nella sua fuga il dipinto di Amedeo Modigliani Enfant Gras, donato a Brera molto tempo dopo.

Enfant gras
Enfant gras, Amedeo Modigliani. 1915 (Pinacoteca di Brera)
Aldo Bassetti

Il massacro di Meina ha profonde ripercussioni anche sulla vita dell’ingegnere Aldo Bassetti (1928-2022), presidente onorario dal 2007 al 2020 degli Amici di Brera, associazione fondata da Ettore Modigliani nel 1926.

Bassetti, con emozionanti parole, racconta:

Quando ero bambino, mio nonno, Alessandro Ottolini, era pazzamente innamorato del Duce. Gridava a tavola contro chi osavano parlarne male. Nella nostra famiglia ogni volta era un’accesa discussione. Gli stessi due fratelli di mia madre erano: un grande antifascista e un fascista convinto che aveva addirittura marciato su Roma.

Le idee fasciste prevalevano sempre su quelle antifasciste, ma cercai di farmi un’opinione propria e di documentarmi. Nel farlo, diventai fortemente antifascista.

In particolare, nel 1943, a 17 anni, ci fu un momento molto importante nella mia vita. Le SS entrarono in un albergo a Meina sul Lago Maggiore. Lì si trovava anche mia zia, insieme a tanti altri ebrei. Li uccisero e li gettarono nel lago. Ricordo con grande emozione e ansia, il momento in cui sono salito in barca, nel lago, per andare a controllare che tra i cadaveri che galleggiavano non ci fosse mia zia. Non la trovai ma la speranza che potesse essere viva svanì poco dopo.
Meina negli anni 30, cartolina
Meina negli anni 30, cartolina da Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola

Non è quindi un caso che Aldo Bassetti acquista e dona alla Pinacoteca di Brera Fantasie di Mario Mafai (1902-1965). Mafai, artista antifascista, tra il 1940 e il 1944, realizza un ciclo di piccoli quadri che Mario De Micheli lo definisce un “capolavoro di intensa espressività lirica e satirica ad un tempo, una specie di danza macabra, di orgia sanguinaria e grottesca del fascismo, dei suoi gerarchi, dei suoi sicari”. Una donazione fatta per ricordare e per far conoscere quanto è accaduto nella storia, al fine di trarne insegnamento per il futuro. Un monito accorato a rafforzare gli aspetti di umanità contro quelli di bestialità.

Processione
<em>Processione (Fantasia n. 4)</em>, Mario Mafai, olio su tavola, cm 34 x 63,5 (cm 37,9 x 67,2)

Un ringraziamento speciale a Aldo Bassetti, Giovanna Ginex, Laura Mattioli.

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